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Brutalismo in Italia, 10 architetture da conoscere



Alla (ri)scoperta di opere italiane che, al di là di ogni apologia o demonizzazione, esprimono la volontà di cambiare il mondo attraverso un approccio schietto all'architettura.


Il Brutalismo si è sviluppato a partire dagli anni Cinquanta, epoca in cui la teoria dell'architettura stava riformulando il lessico del costruire per far fronte alle esigenze di una società ferita dalla guerra e pronta a ripartire. Il risultato è un'architettura che cerca di liberarsi dalle rigidità del Movimento Moderno, essenziale e spudoratamente antiedonista, privilegiando l'etica sull'estetica e caratterizzata da un semplice funzionalismo, struttura gerarchica e plasticità dei volumi. La firma estetica del brutalismo – per motivi insieme espressivi e – è proprio il béton brut, il cemento a vista, che ritroviamo ad ogni latitudine e in ogni continente, in espressioni europee come l'Unité d'Habitation di Le Corbusier a Marsiglia e le formulazioni dell'area anglosassone, così come nelle sue diverse espressioni tropicali, sempre in dialogo con città e natura.


L'Italia, come sempre caso peculiare, più che la costituzione di un vero gruppo o movimento brutalista, assisterebbe all'incrocio di diversi percorsi storici e di ricerca – radicale, postmoderno, organicista, indipendente – con ciò che, soprattutto oggi, è classificato e globalmente accettato come estetica brutalista, ovvero l'integrazione di quelle componenti programmatiche sociali proprie dei progetti brutalisti del loro tempo.


La naturale corrosione fisica della materia e il degrado antropico, che hanno talvolta segnato alcune opere, hanno contribuito a concretizzare nell'immaginario collettivo l'iconografia di architetture brutaliste come “cadaveri insepolti” (parafrasando Ernesto Nathan Rogers), spesso usati come esempi fulgidi delle mancanze della politiche. A volte demolite, a volte abbandonate, a volte stravolte, molte architetture brutaliste in Italia compongono tuttavia un ricco patrimonio storico che, a dispetto di tutto, strizza un occhio al passato con non poca nostalgia.


1. Mario Forentino (capogruppo progettazione), Corviale, Roma, 1975 - 1984


Foto di Umberto Rotundo su Wikipedia

Corviale è il quartiere-simbolo del degrado delle periferie della capitale. Il complesso, estendendo le sue dimensioni ciclopiche alla scala territoriale (si chiama "il Serpentone"), ospita circa 4500 abitanti ed è composto da tre edifici: il monumentale lastrone principale a blocco unico lungo 986 metri di nove piani – un secondo volume inferiore, parallelo al primo, ed un terzo corpo ruotato di 45°. Franco Purini ha detto che "Fiorentino aveva una concezione dell'abitare come un movimento eroico e voleva che la sua mastodontica macchina abitativa fosse una specie di comunità che si autoregolasse facendo prevalere gli interessi collettivi su quelli individuali". Purtroppo questa visione idealistica non è stata supportata dai fatti ma Corviale – nonostante tutti i problemi sociali ancora esistenti – è ancora un luogo di vita e un interessante caso di studio non solo in termini architettonici ma anche socio-economici.


2. Studio Celli-Tognon, complesso residenziale a Rozzol Melara (Il Quadrilatero), Trieste 1982



Foto di Dage - Looking for Europe su Creative Commons

Con le sue dimensioni ciclopiche, il complesso di Rozzol Melara caratterizza fortemente il paesaggio urbano della città. Concepito come un sistema insediativo semindipendente dotato di tutti i servizi e le infrastrutture di base, piuttosto che come un semplice edificio residenziale, il progetto si compone di due corpi a forma di L, uno alto il doppio dell'altro, raggruppati intorno a una corte centrale e collegati da un sistema di percorsi coperti e servizi collettivi. L'edificio, interamente realizzato in cemento armato a vista, appare compatto e unitario per una certa monumentalità, sottolineata dal ritmo dei macroscopici pilastri con passo di 15 metri che definiscono arcate sovrascalate.


3. Michel Andrault, Pierre Parat, Basilica e Santuario della Madonna delle Lacrime, Siracusa, Sicilia 1994



Foto di Simone Tinella su Wikipedia

La Basilica e Santuario della Madonna delle Lacrime, considerata la più grande chiesa di pellegrinaggio della Sicilia, è il risultato di un concorso di progettazione bandito nel 1957, con l'intento di rappresentare l'importanza per i devoti di un evento miracoloso successo quattro anni prima. Il complesso scultoreo a pianta circolare è articolato su due livelli – la basilica in alto e la cripta in basso – ed è coronato da un tetto conico in cemento, alto 103 m, sormontato da una statua in bronzo della Vergine Maria.


4. Vittoriano Viganò, Istituto Marchiondi, Baggio, Milano 1957



Foto di Alberto Trentanni su Flickr

Il complesso, considerato un capolavoro dell'architettura brutalista a livello internazionale e oggi in stato di degrado, è composto da quattro edifici principali orientati lungo un asse est-ovest e immersi in un parco, che ospitano le diverse aree funzionali: uffici e direzione, un convitto per studenti, l'edificio degli insegnanti e una scuola. L'impianto pianta-volume è caratterizzato da una rigorosa scansione modulare, sottolineata dalla struttura in cemento a vista a passo costante. Particolarmente innovativa è la scelta operata dall'architetto, in accordo con i docenti dell'Istituto, di abolire le tradizionali camerate a favore della sistemazione duplex.


5. Antonio Guacci, Santuario mariano di Monte Grisa, Trieste 1965



Foto di Andrea Manessinger su CreativeCommons

Situato a 330 m di altitudine sul Monte Grisa, il santuario è soprannominato dai triestini il "'cacio" per la sua forma triangolare. Il complesso, dal quale si gode una spettacolare vista sulla città, è caratterizzato da due chiese sovrapposte e da un'imponente struttura in cemento armato a vista.


6. Enrico Castiglioni e Carlo Fontana, Cipriano Facchinetti Istituto Statale di Istruzione Superiore, Castellanza, Varese 1965


Foto di Roberto Conte

"Questo edificio introduce nell'edilizia scolastica - forse per la prima volta in Italia - l'identificazione dell'architettura con la struttura, in questo caso molto complessa nel sistema delle volte": così Castiglioni descrive la sua opera, considerata da Pevsner uno dei migliori esempi di architettura brutalista. Il complesso è costituito da due volumi in linea - di cui uno arcuato in pianta e facciata - di tre piani fuori terra, disposti su un blocco scandito da una sequenza di capannoni curvilinei prefabbricati in cemento armato contenenti le funzioni comuni. La facciata è scandita da tramezzi sagomati e serramenti in ferro che si incurvano plasticamente verso l'alto.


7. Arrigo Arrighetti, Chiesa di S. Giovanni Bono, Milano 1968


Foto di Cesare Ferrari su AdobeStock

La chiesa si inserisce nel suo contesto distaccandosi apertamente dagli edifici residenziali circostanti, grazie al suo marcato movimento ascensionale. Il fronte, raddoppiato nell'immagine riflessa dalla vasca antistante, è formato da un unico triangolo allungato in cemento traforato da vetrate colorate, e ricorda da un lato guglie gotiche e dall'altro suggerisce l'idea di una tenda piantata nel vicinato. La struttura è costituita da pareti in cemento armato con travi in acciaio che sorreggono una copertura in lamiera di alluminio porcellanato. Accanto alla chiesa si trovano gli edifici parrocchiali e le residenze del clero, distribuiti a semicerchio attorno a un giardino.


8. Giuseppe Perugini, Uga De Plaisant e Raynaldo Perugini, Casa Sperimentale, Fregene, Roma 1969


Foto di photographicrome su AdobeStock

Ridurre la cosiddetta Casa Albero a una semplice residenza estiva sarebbe riduttivo, perché l'opera progettata da una famiglia di architetti (padre, madre e figlio) per sé non è solo una casa al mare ma un esempio di sperimentazione di un nuovo linguaggio architettonico nel campo dell'edilizia abitativa. L'opera è stata concepita “in progress” per essere continuamente trasformata, pur mantenendo un costante dialogo con la natura. Il complesso si compone di tre edifici di diversa tipologia: la casa, con struttura modulare ripetibile in cemento grezzo, vetro e acciaio rosso; la palla, una sfera di 5 metri di diametro concepita come appendice esterna alla casa; i tre cubi, moduli spaziali cubici intervallati da semimoduli contenenti i servizi, camera da letto, soggiorno e cucina, in meno di 40 mq.


9. Francesco Berarducci, villa in via Colli della Farnesina 144, Roma 1969


Foto di CABW su Wikipedia

L'edificio affacciato su una collina del parco urbano di Monte Mario è caratterizzato da una maglia strutturale in cemento a vista composta da pilastri e travi a C che definiscono l'impianto generale e il rapporto proporzionale dei prospetti. Porzioni opache di involucro dialogano con le vetrate delle facciate principali. L'opera ha fatto da sfondo ad alcune scene del film di Elio Petri: Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto.


10. Vinicio Vecchi, Complesso R-Nord, Modena 1970


Foto dal sito del Comune di Modena

Situato nella zona a nord della ferrovia che dal dopoguerra è divenuta sede di espansione delle attività industriali e commerciali della città, il complesso polifunzionale è stato realizzato per accogliere, oltre ai servizi e alle attività commerciali, miniappartamenti per i lavoratori del mercato del bestiame. L'edificio monolitico, caratterizzato da una spiccata orizzontalità accentuata dall'alternanza di solai in cemento armato a quelli di intonaco di mattoni scuri, divenne ben presto un "buco nero" nel quale si trovavano le mura del degrado e della criminalità. A partire dall'inizio del 2000 il complesso è stato oggetto di un intervento di riqualificazione volto non solo a risanare il degrado fisico ma anche a fronteggiare i profondi conflitti sociali della zona: il progetto ha previsto la revisione dimensionale degli alloggi per garantire una migliore fruibilità, l'insediamento di associazioni culturali ed educative, la riqualificazione degli spazi pubblici esterni.







Fonte: domusweb.it


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