Il materiale bio-based che può spingere la transizione in città
Alghe e micelio dei funghi. Scarti di produzione di agrumi, piante o caffè. Addirittura, batteri. I materiali bio-based alla base delle componenti di un’edilizia green ed eco-compatibile sono molteplici e innovativi. Molti di questi, però, sono agli albori della loro produzione o della diffusione a scala industriale. Al contrario, una materia prima di origine organica pronta – secondo i dati del Rapporto FederLegno Arredo rappresenta circa l’8-10% del mercato – e inserita in una filiera produttiva forte esiste: il legno. A cui si associano altri materiali come sughero, canapa e lolla di riso e tecnologie costruttive all’avanguardia, che lo rendono adatto anche a edifici multipiano in contesto urbano.
Secondo i dati del Rapporto FederLegno Arredo rappresenta circa l’8-10 per cento del mercato. È una materia prima di origine organica pronta e inserita in una filiera produttiva.
Per una decarbonizzazione concreta – tema centrale alla COP 27 e chiave nella transizione per raggiungere gli obiettivi 2030 – occorre partire, appunto, dalle città: qui si concentra la maggior parte degli immobili, della popolazione e delle attività. Occorre ripensarne le strutture e le loro caratteristiche, considerato che il comparto dell’edilizia è responsabile del 40% delle emissioni di CO2. La trasformazione è già in atto e favorisce gli edifici Carbon Neutral che, oltre a un basso consumo di energia per mantenimento e impianti, azzerano le emissioni prodotte anche in fase di costruzione. Questo approccio, tuttavia, non può essere focalizzato sul singolo edificio, ma deve essere calato sul territorio, con politiche pubbliche, azioni scalabili e materiali disponibili. Soprattutto, l’obiettivo è raggiungibile quando la scelta delle materie prime cade su elementi rinnovabili e circolari, lavorati con processi di prefabbricazione e progettati per essere disassemblati a fine vita.
Stoccaggio della CO2
Come ogni materiale vegetale, questo è in grado di stoccare l’anidride carbonica: con la fotosintesi clorofilliana, le piante assorbono CO2 e la usano come nutrimento, “fissandola” tra le sue fibre. In sistemi strutturali o mobilio, poi, queste la mantengono “sottratta” dall’atmosfera, per una media di una tonnellata di CO2 catturata ogni metro cubo di materia prima – ogni specie ha possibilità di stoccaggio netto diverse, oggi valutabili con l’App Carbon Tool sviluppata nell’ambito del progetto LifeCO2Pes&Pef. Non solo. Il legno è riutilizzabile all’infinito, quando ne vengono mantenute le qualità originarie e, a fine vita, è smaltibile in maniera naturale. Ancora: per la sua lavorazione richiede un apporto energetico molto inferiore rispetto a materiali artificiali, poiché non ha bisogno di altoforni né di estrazioni dal suolo.
La svolta della prefabbricazione
«L’evoluzione delle tecnologie X-lam e telaio», spiega GianBattista Pomatto, architetto e consigliere dell’Ordine torinese, «consentono progetti innovativi, anche di sopraelevazione e ristrutturazione. La prefabbricazione e l’uso off-site, che porta in stabilimento taglio e preparazione del materiale, riduce i tempi di costruzione, gli errori di processo e l’impatto economico, sociale e ambientale del cantiere». Accanto al massello, l’impiego di materiali derivati da recuperi consente di ottimizzare le risorse e non sprecare nulla, sfruttando il tronco in ogni sua parte. «Tra gli elementi portanti in legno grezzo, si inseriscono isolanti realizzati con la fibra di legno, ricavata dal recupero del materiale meno nobile, ma anche fibra di canapa, o scarti come la paglia, dall’alto valore ecologico».
Filiere e boschi
Dare valore a queste materie prime bio-based, peraltro, è uno stimolo a filiere boschive fatte di segherie radicate sul posto che portano a una tutela del bosco maggiore. Una risposta ai tre fattori della sostenibilità ESG, insomma. A fare da ostacolo alla diffusione del legno, ancora, la cultura e la mancanza di formazione professionale.
Fonte: Il Corriere della Sera
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